«Scenda dalla macchina, dobbiamo perquisire il veicolo.»
«Subito agente,
faccia con comodo.»
Non è che ci tenessi troppo a far
vedere l’interno della mia macchina, non la pulisco da anni, non solo per
la polvere, fazzoletti usati, buste di plastica, bottigliette di acqua,
giornali ingialliti, cicche
di sigarette, peli pubici,
insomma è come rovistare nella propria spazzatura, una specie di intromissione nella propria intimità.
«Apra il portabagagli.»
Ecco, è come se mi avesse detto
si tolga le mutande, se l’abitacolo è un immondezzaio il portabagagli è la
discarica di Chiaiano, sia chiaro che sto utilizzando una metafora, io mi lavo spesso.
Non saprei come descrivere la faccia che fece il
carabiniere alla vista dello scatolone che occupava metà del portabagagli, un
misto tra soddisfazione per aver trovato qualcosa di compromettente, ed orrore
nel dover constatare di persona che si trattava invece di altra spazzatura
solida. Dopo aver rovistato con fastidio il suo contenuto, che mi risparmio di elencarvi, chiuse di scatto il
portabagagli intimandomi di andarmene.
«Maresciallo è pulito, per me può andare.»
Si proprio così, disse è pulito, dovetti trattenere una risata, almeno prima di rimettermi in marcia. Il
maresciallo mi restituì i documenti, salutai educatamente, con gesti
eclatanti indossai la cintura di sicurezza, misi la freccia,
e partì.
Liberai una risata fragorosa, già
stavo pensando a quando avrei raccontato ai miei amici di quella volta che perquisirono la mia pattumiera, se non fosse tardi andrei a trovare qualcuno di
loro, per altro ero già vicino casa, per altro quello d’avanti a me era un
altro posto di blocco, stavolta di polizia stradale, stavolta alzarono di
nuovo la paletta.
«Buonasera favorisca patente e libretto.»
«Buonasera agente, ecco non li ho
neanche messi al loro posto, mi hanno appena fermato i suoi colleghi, i
carabinieri, appena cinque minuti fa.»
«Colleghi? I carabinieri? Non
vede che noi siamo della polizia? Scenda
dalla macchina dobbiamo perquisire il veicolo.»
Pazienza e rassegnazione, in
fondo il racconto che avrei fatto ai miei amici si stava arricchendo di
particolari, incrociai le braccia aspettando che il rito si consumasse in una
sorta di deja vù alquanto noioso.
«Apra il portabagagli»
«E’ già aperto agente, come le
dicevo hanno già perquisito anche quello.»
Il maresciallo stava accanto a me
mentre il poliziotto apriva il portabagagli, io già immaginavo la sua faccia
alla vista dello scatolone, ma fui sorpreso quando visti gli occhi del poliziotto sgranarsi, accompagnato da una smorfia facciale che secondo me era
spropositata, esageratamente spropositata.
«Maresciallo lo arresti immediatamente.»
Il maresciallo gettò i miei
documenti a terra, in uno scatto si avventò su di me, mi afferrò il braccio, mi
stese sul cofano della mia macchina, e mi ammanettò. Io non avevo idea di cosa
stesse succedendo, il mio cervello riuscì solo a formulare un «ma che cazzo», reiterandolo all'infinito, infinito ma breve momento in cui fui arrestato, portato in
caserma, e rinchiuso in una cella.
Due ore più tardi il maresciallo
che mi aveva arrestato aprì la porta della cella, e molto cordialmente mi
invitò ad uscirne.
«Ci scusi davvero, siamo
mortificati c’è stato un errore.»
«Un errore? Quale errore? Perché mi avete arrestato?»
«Aveva ragione, l’avevano già fermata dei
carabinieri prima di noi.»
«Cosa? Non ci sto capendo una mazza.»
«La mitraglietta che stava nel suo
portabagagli, era del carabiniere che l’aveva perquisito prima.»
Liberamente ispirato ad una storia vera.